Adolescence: un avvertimento sibillino ai genitori di oggi
ATTENZIONE: possibili spoiler sulla trama di Adolescence
Nella miniserie Adolescence, una combinazione di fattori porta il piccolo Jamie a uccidere la compagna di scuola Katie. Jamie ha solo tredici anni. Perciò si trova in piena tempesta ormonale e sta muovendo i suoi primi passi in una “nuova vita” di cui ancora non conosce le caratteristiche, i dilemmi, le possibili vie di uscita, che solo il tempo rivelerà a chi ha pazienza di aspettare, vedere come si evolvono le situazioni, e capire poco alla volta.
Da anni il ragazzo pensa di non essere capace di fare niente; in particolare, quando era più piccolo, suo padre ci teneva che fosse bravo nel calcio mentre in realtà era una schiappa. Per questo pensa/sa di aver deluso il padre. Per questo non è affatto contento di sé ed è pieno di vergogna.
Jamie si sente brutto, non ha mai avuto esperienze sessuali o amorose e freme per averne. Anche questo lo fa sentire frustrato e inetto.
A scuola è emarginato e bullizzato, come i suoi due amici più stretti. La sua scuola, come probabilmente la stragrande maggioranza delle scuole medie italiane, è una specie di inferno che puzza di “vomito, cavolo e masturbazione”. Gli insegnanti sembrano spettatori impotenti davanti alle rivalità, le provocazioni, le angherie, le volgarità, la prepotenza, l’insolenza, l’irrequietezza degli alunni. Non ne comprendono il linguaggio, non sanno leggere quello che accade nella loro testa e tra di loro, ancora meno possono controllarlo. In tutto ciò Jamie cova rabbia impotente e si può immaginare quanto sia senta solo e disperato.
Le regole della sua nuova vita, Jamie le apprende da Internet e dagli amici che, come tutti, passano ore online. È entrato in contatto con la mitologia degli incel redpillati, cioè dei ragazzi che non hanno mai avuto esperienze amorose o sessuali e ne danno la colpa alle donne, e più in generale con la manoshphere, la bolla informativa misogina e antifemminista di Internet. Perciò ha pronta una chiave di lettura della sua situazione amorosa avvilente, e la sua frustrazione e la sua rabbia potrebbero già essere orientate verso il sesso femminile.
Pensando di avere più chance amorose con una ragazza, come lui, considerata poco attraente - di cui sui cellulari circolano foto a seno nudo -, Jamie ci prova con la compagna Katie; ma lei non solo lo rifiuta, dicendogli che non è ancora ridotta tanto male da accettare le sue proposte, ma in un post su Instagram, mediante l’uso di emoji, fa intendere che lo considera un incel, col sottinteso che tale resterà, ottenendo il consenso di molti amici Instagram comuni, cosa che produce una bruciante umiliazione pubblica. Il social fa da cassa di risonanza alla discesa di status e alle sventure di cui si sente vittima, accentuando la vergogna, la rabbia, il senso di impotenza.
I genitori di Jamie sono all’oscuro di tutto ciò e per questo non possono aiutarlo. Il film non dice se qualcuno ha restituito loro il quadro completo della situazione, che emerge a omicidio ormai compiuto dai dati raccolti dalla polizia e da una psicologa.
Qualche frase della psicologa fa pensare che un altro elemento importante per arrivare al delitto sia la mancanza di consapevolezza e di responsabilità del giovane. Jamie sa che significa morire? Sa che è qualcosa di definitivo? Sa quale dolore possono provare i superstiti - specialmente di una vittima di omicidio? Sa che significa scontare una pena per omicidio? Jamie lo sa, dice, non è mica scemo! Sono decenni che si parla di banalizzazione della violenza nei media e dei relativi rischi di desensibilizzazione, e sono decenni che la violenza mediatica non accenna a diminuire.
E poi c’è almeno un altro fattore che sarebbe pertinente. I genitori hanno abituato Jamie a sopportare le inevitabili frustrazioni della vita senza dare troppo in escandescenze? Dagli elementi che ci vengono dati, non sembra che l’abbiano viziato.
Senza nulla togliere al racconto dell’adolescenza nell’era dei social e dello scontro tra misandria e misoginia, la parte per me più straziante e significativa dei quattro episodi è quella narrata nell’ultimo, dove vengono messe in scena le reazioni dei genitori alla notizia che il figlio riconoscerà la propria colpevolezza. Qui tutti genitori, se riflettono attentamente su quello che vedono rappresentato nel film, sono avvertiti di alcune cose:
- Su Internet i vostri figli vengono sottoposti a influenze pericolose - per loro e per chi entra in contatto con loro - e apprendono contenuti che possono indurli ad atti sconsiderati. E questo lo si sapeva, in generale.
- I vostri ragazzi comunicano in codice. E anche questo lo si sapeva. È interessante però aggiornarsi sui codici utilizzati oggi. E attenzione: alcuni adolescenti faranno di tutto per non usare il loro codice coi genitori (sarebbe cringissimo) e per cambiare codice non appena i boomer lo scopriranno.
- Dialogate con i vostri figli, aiutateli a capire il mondo che hanno intorno e a fare le scelte giuste. Ma sappiate che non potete avere il controllo né su ciò che entra nella loro testa, né su come lì viene elaborato, né su ciò che faranno!
Questo costringe il genitore a una straziante condizione: sentirsi responsabile, essere considerato responsabile, e, in parte, anche essere effettivamente responsabile di ciò che diventano i figli, eppure avendo di fatto, per una serie di ragioni fondamentali, una possibilità di indirizzarli e correggerli assai limitata e di grandezza ignota e non conoscibile, se non a posteriori, quando è troppo tardi.