GABRIELE LO IACONO
Psicologo Psicoterapeuta

La gelosia: psicologia di un'esperienza comune

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Dopo tre mesi di frequentazione amorosa, un giorno Stefania avvisa Enzo che andrà a fare una passeggiata insieme a un amico e a Luigi, l’ex, al quale è morta da poco la compagna. Al ritorno dalla passeggiata viene raggiunta a casa sua da Enzo, che le chiede nervosamente come sia andata la giornata.

Stefania presagisce la gelosia del compagno, ma, non avendo nulla da nascondere, si fa coraggio e gli dice candidamente che è stata una passeggiata bella, allegra e spensierata. Enzo tace qualche secondo guardando in terra, mordicchiandosi un labbro. Dapprima pare serio, poi assume un sorriso soddisfatto e severo, e dice: “Bene. Io non esco con nessuna donna per rispetto verso di te. Ma visto che tu non hai rispetto per me, vorrà dire che accetterò anch’io l’invito di una mia collega al lavoro, che insiste da un po’. Sai, anche io ricevo degli inviti…”. All’immagine del compagno – per lei indiscutibilmente virile e seducente – che esce per vendetta, pronto alla seduzione, con una collega, sente un’angoscia attraversarle e scuoterle l’intero corpo, dalla testa ai piedi. Vacilla. Nella sua mente la collega nominata assume immediatamente le sembianze già attribuite nella sua fantasia, senza averla mai vista, a un’altra collega di Enzo, con la quale Enzo quindici anni fa ha avuto una brevissima relazione sessuale, in un periodo di lite e allontanamento dalla compagna di allora. Stefania si sente mancare le forze. Poi è rinvigorita da un moto di indignazione e di rabbia. Le sale il sangue alla testa e urla: “Che cazzo c’entra?! Io sono uscita con Luigi per consolarlo! Gli è appena morta la compagna, ti rendi conto? No, no, io non voglio una relazione così. Non capisci niente, sei proprio uno stronzo!”. E dà un calcio alla lavastoviglie, in cui nel frattempo sta riponendo piatti e posate. Ne scaturisce un alterco dai toni sempre più accesi. Superato un certo limite, Enzo torna a casa propria. Da quel giorno in poi il loro rapporto è punteggiato di episodi in cui ognuno si prende qualche libertà, senza mai tradire veramente l’altro, vivendolo in parte come una gradita e innocua boccata di ossigeno in un rapporto troppo esclusivo e in parte come un pareggiare i conti. Ognuno vive questo comportamento dell’altro come un affronto insensato, ingiusto e gratuito, che provoca dolore e rabbia. Ognuno dei due, pur essendo parzialmente in malafede, si sente una vittima. L’affetto, la simpatia e l’attrazione finiscono spesso sepolti da questi sentimenti di paura, abbandono, dolore, rabbia e rivalsa.

Giorgio e Sara hanno quindici anni e sono compagni di classe. All’inizio dell’anno si sono piaciuti e si sono messi insieme. Hanno già avuto altre “storie”. Fanno l’amore, per entrambi è la prima volta. Trascorrono moltissimo tempo uniti. Si scambiano frasi amorose al cellulare e su biglietti carta. Si promettono fedeltà eterna, matrimonio e figli. Lei gli parla dei figli come se esistessero, e li usa già per manipolarlo: “Giacomino è triste perché ieri non mi hai telefonato”. Le piace fargli credere storie fantastiche, in cui lei è vittima di un padre perverso e violento e di altre sventure completamente inventate. Fra le cose che li unisce c’è in entrambi abilità e disinvoltura nell’uso delle parole. Ma quella di lui è prevalentemente al servizio della trasparenza, dell’intimità e della ricerca di amore, quella di lei della seduzione e del potere. Entrambi stanno cercando faticosamente di crescere e di conquistare una loro indipendenza emotiva dai genitori; entrambi marinano la scuola e sperimentano qualche droga leggera, ma lei punta soprattutto a qualcosa che somigli all’indipendenza economica, e per questo ruba denaro alla madre e alla nonna, che poi utilizza per comprare cellulari e altri gadget. Possiede un vasto repertorio di frasi amorose a effetto, e Giorgio, bisognoso di costanti attenzioni e amore, le prende per vere. Lei “lo porta dove vuole”. Dopo qualche mese gli dice che si è messa con un altro. Lui cerca spiegazioni, ma lei gli offre solo storie fantastiche di drammi psicologici, narrate con teatralità. Dopo qualche giorno decide di “tornare” con Giorgio. Ma dura poco, perché poi cambia nuovamente idea e amante. Giorgio è attaccato a lei e non riesce in alcun modo ad allontanarsene. Lei lo tiene in pugno. Lo prende e lo lascia, lo prende e lo lascia. È onnipotente con lui e con gli altri amanti. Giorgio è isolato perché non parla con nessuno della sua difficile situazione; perde la fame e il sonno, vomita, si riempie di brufoli, non ha più la testa per studiare e capire le spiegazioni a scuola. Non se la prende mai con lei. Dopo un po’ di tira e molla (verrà “lasciato” in totale quindici volte), Giorgio comincia a prendere l’abitudine di chiudersi in camera sua, dove se ne sta al buio a elucubrare, con le serrande chiuse, in pieno giorno, e comincia a farsi dei tagli sulle braccia e sul viso, cosa che ha visto fare a Sara. Gli servono “per fare uscire un dolore troppo grosso”, spiegherà in futuro. Altri amanti della ragazza si tagliano. Dopo circa un anno – e dopo avere dato una testata in faccia a un rivale come prova d’amore per Sara – Giorgio capisce la dinamica e, giunto a un disprezzo e a un sfiducia totali, riesce ad allontanarsene. Sara prosegue i suoi esperimenti e alza la posta: ora esibisce sui social la sua tossicodipendenza e si prostituisce per bucarsi.


Queste sono solo due storie di amore e gelosia. Ognuno di noi ha vissuto la gelosia e sa di che cosa si tratta. Nel parlare comune è un complesso di sentimenti, idee e azioni che si innescano quando una persona che ci è cara non riconosce a noi la priorità che vorremmo nel suo cuore. In parte questi sentimenti, idee e azioni riguardano l’amato, in parte toccano i rivali, cioè le persone che attentano al nostro primato affettivo nel suo cuore. Ce ne sono poi altri ancora che riguardano se stessi.

Alla base del complesso della gelosia c’è una convinzione più o meno conscia che dice: “Lei/lui è mia/o”, sia nel senso che lei/lui deve occuparsi solo di me, sia nel senso che solo io devo piacergli (ovvero suscitare in lei sentimenti positivi quali la stima, l’affetto, l’apprezzamento, l’attrazione erotica, la gioia, la simpatia), sia nel senso che solo io posso “disporne”, posso fare certe cose insieme a lei/lui. In primo piano c’è il fatto che il nostro sole, a quanto sembra, sta illuminando altri. Sullo sfondo c’è la possibilità che questa luce si spenga per sempre e di ritrovarsi soli, sconfitti e pieni di dubbi su di sé.

La gelosia non è solo un sentimento, nel senso che molte azioni possono essere intese come gelosia anche quando la persona che le compie dice di non essere gelosa. E anche qualora la si voglia intendere come un sentimento, non si può fare a meno di riconoscere che non si tratta certo di un sentimento chiaro e distinto che possa essere ridotto a un affetto più elementare, come la paura, il disgusto, la tristezza, ma di un'alternarsi di sentimenti e pensieri di vario tipo che ruotano tutti intorno a un timore, a un'incertezza che destabilizza, scuote nel profondo, e chiama urgenza a prendere provvedimenti per proteggersi in un modo o nell'altro da una situazione minacciosa, sia essa reale o immaginaria - una distinzione che il più delle volte è molto difficile da fare. Là dove mancano informazioni chiare, la fantasia colma le lacune riempiendole di immagini e particolari impressionanti.

Nei trenta secondi in cui il nostro partner sorride a un estraneo, lo guarda con interesse e atteggiamento improvvisamente gentile, affabile e seducente, gli si avvicina tanto che allungando un braccio potrebbe toccarlo e gli poggia una mano sulla spalla, la nostra mente è attraversata da una raffica di pensieri velocissimi: “Ma che sta facendo? Chi è quello/a? Si conoscono? Ma come si permette di farmi questo? Perché fa così? Perché mi lascia qui come un deficiente?…”. E noi proviamo una serie di sentimenti e di emozioni che potremmo approssimativamente chiamare stupore, indignazione, senso di allarme, delusione, sconforto, ira ecc.

Se poi il partner ci racconta che quello non era un estraneo, ma una persona conosciuta in vacanza venti anni prima – persona intelligentissima, simpaticissima e piena di altre qualità – e che vorrebbe accettare il suo invito a ritrovarsi per una cena con la vecchia compagnia di cui entrambi facevano parte a quei tempi – un invito ovviamente riservato ai componenti di quella compagnia – probabilmente in quel momento la nostra mente sarà attraversata da altri pensieri: "In che rapporti sei e sei stato/a veramente con questa persona? Quanta confidenza c’è fra voi? Dopo pochi secondi di conversazione vi fate già un invito?! Ma ce n’era proprio bisogno? Una cena per fare cosa? Chi verrà a quella cena? Cosa farete? E io, cosa farò nel frattempo? E che conseguenze ci saranno? Ma pensi a me e ai miei sentimenti? Sono meno importante del tuo desiderio di vedere quegli stronzi?". E proveremo sentimenti ed emozioni analoghi a quelli provati al momento dell’incontro; potremmo dare loro più o meno gli stessi nomi, anche se essi assumeranno diverse sfumature - sbigottimento, perplessità, diffidenza, indignazione, preoccupazione, senso di abbandono, rabbia ecc.

Se poi quella cena si realizzasse veramente, nelle tre ore di assenza materiale del partner avremmo il tempo di fare tutta una serie di considerazioni più o meno volontarie e più o meno chiare, lucide intorno al tema della frequentazione con quella persona a noi sconosciuta e proveremmo un misto e un’alternanza di sentimenti – per non dire del periodo di attesa della cena e del suo seguito.

Ebbene, questi pensieri e sentimenti, nel parlare comune, sono pensieri e sentimenti di gelosia, o dettati dalla gelosia. Naturalmente, come ho detto, ci sono anche azioni di gelosia o dettate dalla gelosia. Azioni tese a prevenire, a riparare o a vendicare la perdita del primato affettivo. Il tema centrale è sempre quello: non sono (o rischio di non essere) il primo/la prima nel cuore del mio partner; il mio primato potrebbe essere messo in discussione da quella persona.

Se poi dopo quella cena i contatti tra il nostro partner e quella persona proseguissero, solo attraverso il telefono o i social oppure con incontri di persona, proseguirebbero anche il nostro rimuginio mentale su questa relazione, i sentimenti connessi al rimuginio e alle azioni del partner (e del suo “amico”), le conversazioni con il partner intorno a questo argomento, i nostri tentativi di ottenere chiarimenti o rassicurazioni con domande dirette o con ragionamenti, indagini, verifiche, controlli e deduzioni. Le spiegazioni del partner potrebbero essere più o meno rassicuranti per noi. Potremmo vedere in lui/lei la buona fede o qualche tentativo più o meno evidente di deformare o omettere la totale e autentica verità. Potrebbe dimostrare efficacemente che noi siamo “e saremo sempre” la persona più importante per lui/lei, e l’unica con cui ha un rapporto erotico. Ma nonostante tutte le rassicurazioni, noi potremmo essere tormentati dalla realtà e dal pensiero di questa relazione, e in questo si potrebbe dire che soffriamo di gelosia.

Supponiamo che questa frequentazione duri per anni. Oppure che questa frequentazione finisca ma che il nostro partner abbia altre relazioni con persone del nostro sesso e che queste sollevino in noi il dubbio di poter essere sostituiti o di risultare meno desiderati e meno attraenti ai suoi occhi. In questo caso la gelosia potrebbe assumere un ruolo importante in tutto il rapporto con il nostro partner, tanto importante che potremmo ritrovarci a sentirci sempre precari, ad avere costantemente bisogno di rassicurazioni, a covare rancore, a considerare chiunque come un possibile rivale, a punzecchiare o tormentare apertamente il partner per restituirgli la sofferenza che ai nostri occhi ci ha provocato.

(c) Gabriele Lo Iacono, 2025

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