GABRIELE LO IACONO
Psicologo Psicoterapeuta

Psicoterapia e dintorni

Appunti e riflessioni in divenire

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"La cronaca di queste ultime settimane ha dedicato molto spazio alla vicenda della speleologa rimasta prigioniera nelle viscere della terra. I commenti sui social sono stati numerosi e con poche eccezioni possono essere riassunti nella brutalità concisa di “Se l’è andata a cercare” a cui fa eco “Chi gliel’ha fatto fare?”. Credo che in pochi si rendano conto che tali commenti racchiudono un valore scaramantico personale: io quelle cose non me le vado a cercare e dunque non morirò in un cunicolo sotto terra. È l’ennesima occasione mancata per riflettere su una verità che facciamo di tutto per allontanare dal nostro orizzonte: non correrò il rischio di morire così, ma comunque morirò perché la morte è inscritta nella vita.

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Il quotidiano del Trentino “l’Adige” di oggi, giovedì 11 luglio 2024, apre così:

IL CASO. I recenti casi di escursionisti imprudenti fa [sic] crescere l’allarme. I rifugisti: ‘Colpa dell’alto afflusso e dei social’. Montagna, impennata di soccorsi. Dal 2019 sono aumentati del 35%: nel 2023 hanno toccato quota 1.549

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Dando un’occhiata ai video brevi pubblicati sui social ricavo l’impressione che siano veramente tante le persone che si riprendono mentre mettono a repentaglio la propria vita. Mi riferisco a persone che in montagna percorrono cenge o creste sopra strapiombi senza essersi assicurate; che fanno scialpinismo lungo canaloni molto ripidi e stretti in mezzo alle rocce oppure lungo altri ripidi pendii fortemente innevati, con il rischio di staccare valanghe (le quali spesso in effetti in effetti poi si staccano) o che con gli sci, lungo questi stessi pendii, fanno salti straordinariamente alti e lunghi, eventualmente con piroette e/o salti mortali. Mi riferisco alle persone che si arrampicano in free solo, cioè senza alcuna sicura, per pareti lunghe anche mille metri, o a quelle che affrontano escursioni o arrampicate senza usare tutte le precauzioni previste.

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