Psicoterapia e dintorni
Appunti e riflessioni in divenire
Può valere il principio etico “Non fare mai qualcosa che possa far soffrire altri”? Come orientamento nella ricerca di una risposta, provo ad articolare alcune sfaccettature del problema.
"La cronaca di queste ultime settimane ha dedicato molto spazio alla vicenda della speleologa rimasta prigioniera nelle viscere della terra. I commenti sui social sono stati numerosi e con poche eccezioni possono essere riassunti nella brutalità concisa di “Se l’è andata a cercare” a cui fa eco “Chi gliel’ha fatto fare?”. Credo che in pochi si rendano conto che tali commenti racchiudono un valore scaramantico personale: io quelle cose non me le vado a cercare e dunque non morirò in un cunicolo sotto terra. È l’ennesima occasione mancata per riflettere su una verità che facciamo di tutto per allontanare dal nostro orizzonte: non correrò il rischio di morire così, ma comunque morirò perché la morte è inscritta nella vita.
La lettura di La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite del prolifico filosofo sudcoreano Byung-chul Han mi ha sostanzialmente deluso per la mancanza di una trattazione sistematica del tema, affidata a brevi appunti poco coesi e privi di ogni argomentazione.
La gratificazione provata nell’esecuzione di certe attività - per esempio, andare in palestra o vedere reel su un social - sembra essere associata all’attivazione dei cosiddetti circuiti della ricompensa, vie nervose cerebrali che funzionano in parte - ma non solo - grazie al neurotrasmettitore dopamina.
Se in psicologia, per descrivere e spiegare fenomeni o per escogitare soluzioni a problemi, si riscontra la necessità di attingere parole, concetti, teorie da altre discipline, non le si attingano dal mondo dell’economia e delle imprese, perché in questo modo quelle parole e quelle idee saranno non solo povere, ma porteranno con sé dei presupposti impliciti carichi di conseguenze.
Tutti o quasi scrolliamo ogni giorno i feed di social come Facebook, Instagram, TikTok - anche per ore. Ma siccome ognuno posta di preferenza i suoi lati e momenti migliori, più gioiosi e più avventurosi, più guardiamo contenuti social più ci sentiamo peggiori, tristi e meno avventurosi della massa indistinta de GLI ALTRI. "LORO sono felici, IO no".